Palazzo del Quirinale, 31/12/2020
Care concittadine e cari concittadini,
avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho
avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere a ciascuno di
voi un pensiero augurale.
Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza.
La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre
esistenze, ferisce il nostro modo di vivere.
Vorremmo tornare a essere immersi in realtà e in esperienze che
ci sono consuete. Ad avere ospedali non investiti dall’emergenza. Scuole e
Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più
isolati per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi
pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti con i Paesi a noi
vicini e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni in tutti
questi anni.
Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita.
Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di
ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità
dei contagi, delle morti. Le immagini delle strade e delle piazze deserte. Le
tante solitudini. Il pensiero straziante di chi moriva senza avere accanto i
propri cari.
L’arrivo dell’estate ha portato con sé l’illusione dello
scampato pericolo, un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di
ricominciare a vivere come prima, di porre tra parentesi questo incubo.
Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei
Paesi vicini a noi, e poi qui, in Italia. Ancora contagi – siamo oltre due
milioni - ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua
l’impegno generoso di medici e operatori sanitari.
Il mondo è stato colpito duramente. Ovunque.
Anche l’Italia ha pagato un prezzo molto alto.
Rivolgendomi a voi parto proprio da qui: dalla necessità di dare
insieme memoria di quello che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere
gli occhi di fronte alla realtà.
La pandemia ha scavato solchi profondi nelle nostre vite, nella
nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie
diseguaglianze e ne ha generate di nuove.
Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze sociali ed economiche.
Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani sono stati particolarmente
penalizzati. Lo sono le persone con disabilità. Tante imprese temono per il
loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi e di precari ha visto
azzerare o bruscamente calare il proprio reddito. Nella comune difficoltà
alcuni settori hanno sofferto più di altri.
La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in
discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo
ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella
nostra comunità.
È questa la realtà, che bisogna riconoscere e affrontare.
Nello stesso tempo sono emersi segnali importanti, che
incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura e perché le
preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire,
per ripartire.
Nella prima fase, quando ancora erano pochi gli strumenti a
disposizione per contrastare il virus, la reazione alla pandemia si è fondata
anzitutto sul senso di comunità.
Adesso stiamo mettendo in atto strategie più complesse, a
partire dal piano di vaccinazione, iniziato nel medesimo giorno in tutta
Europa.
Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche sono
in campo interventi europei innovativi e di straordinaria importanza.
Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo.
Mai l’Unione Europea si è assunta un compito così rilevante per
i propri cittadini.
Per il vaccino si è formata, anche con il contributo dei
ricercatori italiani, un’alleanza mondiale della scienza e della ricerca,
sorretta da un imponente sostegno politico e finanziario che ne ha moltiplicato
la velocità di individuazione.
La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e
pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito
di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la
sicurezza comune.
Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più
per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili.
Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca
tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere
quella degli altri, familiari, amici, colleghi.
Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo
a rischio maggiore, debbono avere la precedenza.
Il vaccino e le iniziative dell’Unione Europea sono due vettori
decisivi della nostra rinascita.
L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti.
Ha prevalso l’Europa dei valori comuni e dei cittadini. Non era scontato.
Alla crisi finanziaria di un decennio or sono l’Europa rispose
senza solidarietà e senza una visione chiara del proprio futuro. Gli interessi
egoistici prevalsero. Vecchi canoni politici ed economici mostrarono tutta la
loro inadeguatezza.
Ora le scelte dell’Unione Europea poggiano su basi nuove.
L’Italia è stata protagonista in questo cambiamento.
Ci accingiamo – sul versante della salute e su quello economico
– a un grande compito. Tutto questo richiama e sollecita ancor di più la
responsabilità delle istituzioni anzitutto, delle forze economiche, dei corpi
sociali, di ciascuno di noi. Serietà, collaborazione, e anche senso del dovere,
sono necessari per proteggerci e per ripartire.
Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale
– che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse -
possono permetterci di superare fragilità strutturali che hanno impedito
all’Italia di crescere come avrebbe potuto.
Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in
gioco.
Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle giovani generazioni.
Ognuno faccia la propria parte.
La pandemia ci ha fatto riscoprire e comprendere quanto siamo
legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo
veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e
della società.
Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà
all’interno delle nostre comunità.
Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo
della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di
ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti. Da
persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra, come è
accaduto con tanti medici e operatori sanitari.
Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno
manifestato una fraternità che si nutre non di parole bensì di umanità, che
prescinde dall’origine di ognuno di noi, dalla cultura di ognuno e dalla sua
condizione sociale.
È lo spirito autentico della Repubblica.
La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo
connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone.
La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci
sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e
sconosciuta.
Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre.
Ma non va ignorato neppure quanto di positivo è stato realizzato e ha
consentito la tenuta del Paese grazie all’impegno dispiegato da tante parti.
Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine che ringrazio.
Abbiamo avuto la capacità di reagire.
La società ha dovuto rallentare ma non si è fermata.
Non siamo in balìa degli eventi.
Ora dobbiamo preparare il futuro.
Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di
costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire
dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova.
Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non
vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte.
E’ questo quel che i cittadini si attendono.
La sfida che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei
vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli
italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di
interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al
nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica,
difficoltà.
L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa.
Ho ricevuto in questi mesi attestazioni di apprezzamento e di
fiducia nei confronti del nostro Paese da parte di tanti Capi di Stato di Paesi
amici.
Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo
l’agenda delle priorità, si modificano le strategie di sviluppo ed emergono
nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale.
In questa prospettiva sarà molto importante, nel prossimo anno,
il G20, che l’Italia presiede per la prima volta: un’occasione preziosa per
affrontare le grandi sfide globali e un’opportunità per rafforzare il prestigio
del nostro Paese.
L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti.
Tappe della nostra storia, anniversari che raccontano il cammino
che ci ha condotto ad una unità che non è soltanto di territorio. Ricorderemo
il settimo centenario della morte di Dante.
Celebreremo poi il centosessantesimo dell’Unità d’Italia, il
centenario della collocazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria.
E ancora i settantacinque anni della Repubblica.
Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra
Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci
aiutano per costruire il futuro.
Esprimo un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero
e per l’affetto che trasmette al popolo italiano, facendosi testimone di
speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero per l’anno che
inizia.
Complimenti e auguri ai goriziani per la designazione di Gorizia
e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si
tratta di un segnale che rende onore a Italia e Slovenia per avere sviluppato
relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco ed esprimono
collaborazione e prospettive di futuro comune. Mi auguro che questo messaggio
sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa,
in cui vi sono scontri spesso aspri e talvolta guerre anziché la ricerca di
incontro tra culture e tradizioni diverse.
Vorrei infine dare atto a tutti voi – con un ringraziamento
particolarmente intenso - dei sacrifici fatti in questi mesi con senso di
responsabilità. E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni
raccomandate fintanto che la campagna vaccinale non avrà definitivamente
sconfitto la pandemia.
Care concittadine e cari concittadini,
quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della
Repubblica.
Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita
economica e sociale del nostro Paese.
La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio
mandato.
Sarà un anno di lavoro intenso.
Abbiamo le risorse per farcela.
Auguri di buon anno a tutti voi!